In principio era il dubbio

Storie dal Senegal
7 minuti

Dott.ssa Matide Marchesini
Relazioni esterne Associazione Mani APS

Mani lavora nella cooperazione internazionale decentrata dal 2002 e nelle aree rurali del Senegal dal 2008. È una piccola associazione di persone, soprattutto donne, che hanno scelto di impegnarsi nella vita civile e politica. Mani lavora senza collaboratori esterni fissi e non ha “espatriati”, cioè operatori italiani che “gestiscono il progetto in loco”.  In Senegal lavoriamo a distanza con Bineta GUEYE per l’ideazione, il coordinamento e la gestione del progetto, perché è in grado di fare da ponte tra i nostri due territori (Regione Emilia -Romagna e Regione di Thies). Lei sa come gestire le differenze linguistiche e costruire pratiche sociali con le donne. E’ la coordinatrice, la “project manager” in loco, capace di unire la tradizione della cultura senegalese all’innovazione nata dal dialogo con i saperi, i bisogni, i desideri e le motivazioni delle donne dei villaggi nelle aree rurali.

Grazie a Bineta e al cammino percorso insieme, abbiamo creato uno spazio di apprendimento reciproco, caratteristica che sta alla base del nostro operare.

Eppure, in tutta la nostra attività, va tenuto conto del Grande Convitato di Pietra: la rappresentazione coloniale che vede i Paesi del Sud del mondo subalterni. Il rischio di neo-colonialismo dei Paesi donatori ci obbliga pertanto a decostruire le pratiche di relazione con le comunità locali e reinventare al femminile contenuti e metodi. Anche quando parliamo di “aiuto” dobbiamo essere molto attenti all’uso di questo termine perché cristallizza l’asimmetria di potere nella relazione tra donatori e comunità locali, a tutto svantaggio dei secondi. Infatti, anche chi, come me, si riconosce nella cultura “transfemminista” (cioè la pratica che indaga sui legami tra le “razze”, sesso e stato sociale), rischia di omologare le relazioni con i Paesi a basso e medio reddito secondo criteri che considerano i femminismi locali come subalterni. Nel lavoro di cooperazione internazionale con le donne, l’inevitabile squilibrio di potere è aggravato dall’ombra della colonialità, cioè dal paradigma della superiorità civile, scientifica…. introiettata da entrambe le parti, donatore e beneficiario. Così, questo legame diviene contesto di ricerca sulle relazioni, sulle metodologie di lavoro con le donne in Africa. Serve essere responsabili, perché le parole precostruiscono la realtà e le relazioni: solo lavorando sulle diverse specificità delle varie pluralità si possono individuare gli interstizi da cui può emergere il cambiamento sociale. Dobbiamo costruire un’alleanza, soprattutto tra culture diverse, è necessario mettersi in gioco, esplicitare la differenza di potere, ribaltare la propria posizione affinché le pratiche di cambiamento possano emergere dalle pieghe del contesto. Questa responsabilità deve essere certamente reciproca, non basata su pratiche prescrittive, ma su obiettivi condivisi, fiducia e affetto comuni. Storie di vita, insomma.  Nel caso di Mani, allora, la fiducia si è basata sull’alleanza con Bineta Gueye di FEEDA, autorevole rappresentante della sua comunità, capace di fare da ponte in entrambe le relazioni: strutture razionali e culturali italiane e quelle appartenenti al contesto senegalese. A partire dalla formazione rivolta alle associazioni di donne. Un esempio fra i molti? Il riconoscimento del pieno diritto alla cittadinanza, con particolare attenzione al conflitto tra legislazione ereditaria, che identifica il diritto delle donne ad ereditare le terre, salvaguardandone la proprietà terriera, e la cultura tradizionale, che privilegia invece solo gli uomini. E ancora: la formazione per la “governance”, perché le donne siano elette negli organi amministrativi, o la formazione femminile sulla gestione autonoma del microcredito. L’elezione delle donne negli organi amministrativi, che ha permesso loro di essere coinvolte quotidianamente nella gestione delle politiche dei loro territori, ha avuto due esiti: da un lato, veicolare, attraverso la loro comunicazione quotidiana, il senso dello Stato e, dall’altro, sostenere la partecipazione comunitaria combattendo lo stereotipo che vedeva le donne solo come custodi della vita quotidiana, della famiglia, delle piccole cose. Ancora oggi, ogni anno, i progetti di Mani sostengono la formazione degli amministratori sulle linee guida del governo per la gestione delle risorse locali creando così empowerment per le donne, che per legge costituiscono infatti il 50% degli eletti negli organi amministrativi. Abbiamo imparato cosa significa lavorare negli interstizi della vita di queste donne, abbiamo imparato a partire dalle loro conoscenze e dai loro desideri, per riuscire a influenzare la pratica quotidiana e la trasformazione sociale. È nella pratica quotidiana che abbiamo trovato i nodi di un cambiamento co-costruito. Così, facendo leva sulla resilienza espressa dalle associazioni femminili, abbiamo perseguito una politica di piccoli passi, di piccole cose. Siamo, insieme, attenti a  riempire le azioni di cooperazione, non con donazioni ma, ma con la ricerca etica dei diritti contestualizzati nella cultura locale con istanze trasformative. Le iniziative di formazione non sono solo un luogo di trasmissione di competenze ma di costruzione del gruppo e di individuazione delle sue caratteristiche specifiche, della distribuzione e assunzione di responsabilità. Grazie a queste misure, le risorse e le azioni sono diventate un patrimonio comune che deve essere salvaguardato dalla comunità stessa. Sulla base di queste pratiche, pertanto, sviluppiamo un modello circolare di sistemi che vengono attuati contemporaneamente e hanno un impatto significativo: risorse per implementare il reddito delle donne attraverso l’agricoltura e/o la trasformazione agroalimentare e azioni sulla salute e sull’istruzione.

Tenere insieme tutti questi aspetti ha significato, per noi e per le comunità di donne, costruire una cultura della sostenibilità.  Quindi, piccoli passi, quelli che vengono compresi e gestiti dai gruppi femminili locali, costruendo tecnologie agricole alla portata delle donne (essiccatoio solare, pressa per arachidi, confezioni alimentari che aggiungono valore ai prodotti locali, macchina per l’ipoclorito utilizzata anche per creare a business). Infine, sosteniamo la scolarizzazione, soprattutto delle ragazze, affinché tutto questo lavoro permetta alla collettività di sognare un nuovo futuro per i propri figli.  Ora. finalmente, sono le stesse donne a lottare contro l’abbandono scolastico, i matrimoni infantili e le gravidanze precoci.

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